Tinozza 2 – La Vendetta (parte 3a)
Ci siamo: dopo ancora qualche ora d’acqua aggiunta al mattino da TQG, il livello ha raggiunto la quota stabilita, e la tinozzona e’ pronta per le fasi successive dell’assemblaggio.
Particolare importante: la sera (notte) prima, durante il riempimento, oltre ad aver continuamente risistemato i pali di metallo, ho collocato strategicamente (ehm… insomma…) alcune mattonelle sotto alcuni piedini, in modo da cercare di riequilibrare la vasca in liner e tenere il liquido piu’ livellato possibile.
Problema: il cerchio d’acciaio, qui e la’, fa qualche piccolo salto di quota, e gia’ so che questo mi fara’ dannare l’anima nel montare il telaio esterno. Amen!
A questo punto scartoccio i piedini, le aste metalliche, le traverse verticali, le assi di copertura e i coperchi, e, contestualmente, produco altre 12 tonnellate di rifiuti.
Dove va tutta questa roba?
I piedini vanno messi a terra, davanti ai piedi dei pali di metallo. Le aste metalliche vanno stese, sempre a terra, tra un piedino e l’altro, agganciando delle apposite asole, in modo che il tutto costituisca un altro cerchio di metallo posto alla base e tutt’intorno alla vasca. Le traverse vanno messe in piedi, sempre davanti ai pali di metallo (praticamente ne coprono la vista), agganciandoli ai piedini e alle apposite morse che vanno poste sulle estremita’ in alto e che afferrano il tubo bianco orizzontale che fa da scheletro al liner.
Le assi di copertura si mettono in alto, tra un morsetto e l’altro, cosi’ che formino un davanzale che copre tutto il cerchio di metallo bianco, e i coperchi, infine, servono a tenere unito il tutto e a coprire le morse.
Nota: i coperchi si fissano con dei bulloni, due per coperchio. Bulloni di plastica… Sinceramente, essendo un punto chiave dell’intera struttura, io li avrei fatti di metallo, preoccupandomi di inserire anche due dadi nelle morse, invece di filettare direttamente nella plastica. Infatti, avvitando con l’apposita chiave (anch’essa di plastica), ho avuto la nettissima e spiacevolissima sensazione che, se avessi applicato troppa coppia, avrei spaccato il bullone dentro la sede. Quindi, ho lavorato di fino, cercando di stringere ma non troppo. Questa e’ sicuramente una caduta di stile dal punto di vista progettuale.
Cosa manca? Le assi orizzontali, da infilare a incastro tra una traversa verticale e l’altra, cosi’ che chiudano gli spazi. Il tutto e’ costruito con una resina speciale a effetto legno, che sara’ anche ottima per resistere all’acqua, alla corrosione e a tutto il resto, ma genera un attrito degno di una pietra focaia.
Risultato? Sforzi mostruosi per infilare tutte le assi, una sull’altra, nelle loro sedi, ricordandomi (si e’ ricordata TQG) di usare le assi bucate nel posto dove si aggangiano i tubi di mandata e uscita dell’acqua.
Alla fine, dopo ore e ore, ecco il risultato:
La scaletta e’ stato un lavoro di 10 minuti per fortuna. I salti del davanzale, invece, si vedono, soprattutto a ore 01:00 e 02:00, ma e’ l’unico modo che ho trovato per tenere l’acqua bilanciata. Dopo qualche giorno posso anche dirvi che la situazione e’ ulteriormente migliorabile qui e li’, ma bisogna svuotare la vasca, quindi per ora ciccia.
Continua…
Tinozza 2 – La Vendetta (parte 2a)
Eravamo rimasti alla preparazione del fondo, di cui riassuntino: erba(ccia di merda) tolta, livellato (alla meglio) il fondo, installate le 16 piastrelle di sostegno e disposto il foglione di plastica blu (si vede nella foto finale del POST precedente) che fa da primo strato sotto la piscina.
Arriva il momento di iniziare l’installazione, e la prima cosa da fare e’ spacchettare il tutto e apparecchiare ogni pezzo in bella mostra a terra, ordinatamente, in modo da avere tutto sotto gli occhi e poter verificare che ci siano tutti i componenti. Ora, a sentire il manuale, questa verifica va fatta e basta, ma all’atto pratico e’ impossibile. Primo perche’ i pezzi sono centinaia, e secondo perche’ alcune parti sono parzialmente assemblate e vanno smontate e poi rimesse insieme in un certo modo. Farlo subito, senza seguire le istruzioni passo passo, significherebbe perdersi roba per la strada e correre al manicomio!
Comunque, alla bene e meglio, sembra ci sia tutto.
Una nota sugli imballi: maniacali, da dieci e lode. Cartone, carta, plastica, supportini in cartone pressato, cinghie e cinghiette di gomma. Ogni pezzo e’ avvolto nel suo ben di Dio, purtroppo da buttare via. Da un lato puo’ essere seccante immaginare di dover sprecare tutta questa roba, ma dall’altro un siffatto impacchettamento garantisce che non si rompa nulla. Infatti, tutto e’ perfettamente sano. Complimenti alla Intex.
Altra nota: solo lo spacchettamento prende un’oretta, da cui l’impossibilita’ di montare il tutto in due ore… ma transeat!
Cosa abbiamo, a grandi linee?
Un fondo di plastica, una vasca in liner, l’intelaiatura esterna e i relativi pannelli effetto legno, piedi e coperchi vari, motore e filtro a sabbia, kit di pulizia con skimmer, scaletta ma, soprattutto, una immensa quantita’ di tubi metallici bianchi a sezione tonda, che costituiscono i piedi (16) e l’intelaiatura orizzontale della vasca. Assemblando tutti questi pezzi, con gli opportuni raccordi e perni di fissaggio, si ottiene un cerchio di 508cm di diametro, sospeso a circa 125cm da terra, retto dai suddetti piedi.
Un lavoro della (stra)minchia, credetemi!
Con, in piu’, l’accortezza fondamentale (altrimenti non funziona un boia!) di aver infilato tutti i tubi in appositi passanti e apposite corde disposte tutte intorno alla vasca in liner. Che roba e’ il liner? In immenso pezzo di plastica morbida, spesso come la cellulite di una vecchia. La sola operazione di aprirlo, posarlo al centro e svolgerlo correttamente lungo la circonferenza e’ indegno di un essere umano.
Per fortuna che, in tutto questo, c’e’ sempre stata la mano santa di TuttoQua Girl che mi ha dato un valido aiuto, nonche’ svariati cazziatoni quando combinavo casini (non sempre… ehm ehm ehm…).
A questo punto le istruzioni dicevano: stendere il liner a terra e farlo scaldare al sole. Questo aiutera’ a stenderlo meglio e ad eliminare piu’ facilmente le pieghe… Quando l’abbiamo steso noi? Alle 20:00… col sole dietro la collina e l’ombra a scaldare il telone. E come si fa? Con l’olio di gomito, si fa!
Tira, spingi, voga, cazza, orza e vira, alla fine, in qualche modo, il coso e’ andato in posizione. Sembrava un foglio di carta prima accartocciato vigorosamente e poi ridisteso alla bene e meglio. Pazienza, s’aggiusta tutto.
Infiliamo i pali, mettiamo tutti i raccordi, agganciamo i piedi, il tutto in almeno un’ora di lavoro, e alla fine otteniamo… tah dah!!! Questo:
Adesso si capisce meglio, neh? Vedete? Telo azzurro sul fondo, piedi infilati in tasche e corde, e anello metallico orizzontale.
Problema: i piedi non arrivano dove dovrebbero, cioe’ sulle mattonelle. ARGH! Se ne tiri uno, per via della corda bianca, ne accorci un altro. Ma io, che sono un ottimista, so che iniziando a riempire la piscina la vasca si dilatera’, e in qualche modo l’intera sagoma andra’ a posto (piu’ o meno…). TQG invece mi dice che ho sbagliato a prendere le misure e che il cerchio e’ troppo grande. Mmmm…
Inizio riempimento alle 21:30, con due canne dell’acqua in stereofonia. Dopo qualche minuto l’acqua sentenzia il suo poco cordiale responso: pende! Ma vaffanculo!
Non molto a dire la verita’. Se la foto davanti a voi fosse un orologio, vi direi che pende verso le ore 11:00 e un po’ verso le ore 02:00, e il dislivello si attesta, a occhio, tra uno e due quadratini (l’interno del liner e’ costellato di quadratini che fanno effetto piastrellina che ci deve essere in ogni piscina che si rispetti). Le istruzioni direbbero: se l’acqua non riempie uniformemente la vasca, smontare tutto e livellare bene il fondo…
COL CAZZO! A parte il fatto che non se ne parla proprio di smontare tutto, nemmeno morto, poi lo so che piu’ livellato di cosi’ non viene e che, infine, posso compensare con alcuni mattoncini di cui il retro del giardino abbonda. Magari il risultato estetico non sara’ da concorso, ma cio’ che conta e’ che il peso sia distribuito nel miglior modo possibile e non crei scompensi alla struttura. E poi, 1 quadratino corrisponde a circa 1 tonnellata d’acqua. Sono 20, non sara’ il 5% che pende da una parte a far crollare ‘sta cazzo di cupola di San Pietro!
Procedo, quindi lascio l’acqua aperta.
Alle 02:00 del mattino sono ancora li’ che ciondolo, e vado e vengo a controllare il livello dell’acqua. Ma soprattutto, ogni 5/10 minuti, vado a riequilibrare i piedi di metallo.
Non mi prendete per pazzo, va fatto, e per fortuna l’ho capito subito. Gonfiandosi d’acqua, il vascone di gomma spinge verso l’esterno, ma lo fa come gli pare, quindi bisogna continuamente sistemare i paletti verticali, in modo che restino tali. Nelle istruzioni (ahi ahi ahi!) questa cosa non c’e’ scritta, e uno se la deve immaginare.
Questo lavoro di raddrizzamento banane potete farlo fino a un certo punto, perche’ da circa meta’ livello d’acqua in poi… beh, provateci voi!! Se ci riuscite, vi chiamate Bruce Banner, e quando v’incazzate vi si squarciano i calzoni e diventate grossi, verdi e cazzutissimi!
Continua…
Tinozza 2 – La Vendetta! (Parte 1a)
Chi segue questo blog da un paio d’anni, forse ricordera’ la storia della tinozza indiana. Vale a dire la piscina installata sul tetto della nostra casa di Gurgaon, e di come questa ci abbia fatto impazzire al punto da riuscire a usarla come si deve solo una o due volte.
Ebbene, a volte la vita si prende delle rivincite. Quest’anno abbiamo deciso di prenderci una piscina fuori terra, ma non una di quelle solo telo e pali di ferro, ma qualcosa di piu’ sostanzioso, nell’impianto e negli accessori. Che non fosse solo accettabile da un punto di vista estetico, ma anche funzionale e, speriamo, duratura.
La scelta e’ caduta su un prodotto della Intex, in particolare sul modello Sequoia Spirit: una vasca circolare di 508cm di diametro e 124cm di altezza. Qui c’e’ la pagina sul sito del produttore, con tanto di manuale in PDF scaricabile.
Allettati anche dai buoni feedback trovati in giro sul Web e dall’apparente facilita’ di montaggio e installazione, l’abbiamo presa. La ciliegina sulla torta ci viene offerta da un video che trovo su Youtube, in cui il montaggio sembra cosi’ agevole e rapido da essere perfino alla mia portata, il che conferma anche la promessa del venditore: tempo stimato di assemblaggio, 2 ore.
Certo, come no…
La ordino, la pago, e attendo qualche giorno per la consegna, e nel frattempo studio il da farsi. La prima cosa da fare, una volta identificata l’area, e’ quella di eliminare il prato e livellare perfettamente la superficie, pena rischio effetto diga del Vajont, viste le 20 tonnellate d’acqua previste per il riempimento.
Non essendo contadino, e non conoscendo a cosa andassi incontro, nella mia testa bacata era tutto chiarissimo: traccio il cerchio con la vernice, scavo con la zappa, livello col rastrello, posiziono le 16 piastrelle che dovranno supportare i piedi della vasca, scarto il paccone (275 Kg di materiale), monto la piscina e ci facciamo il bagno.
E che ci vuole?
E sticazzi ci vogliono!!!
Dopo aver tracciato il cerchio, scopro le fatiche immani dell’agricoltore, incontrando i seguenti problemi:
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Quando cazzo ci lavoro? Quando torno a casa dall’ufficio e nel weekend…
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Avendo scelto il posto piu’ al sole del giardino, quando c’e’ ombra?? MAI!!!
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Esiste la gramigna, un’erbaccia di merda le cui radici sono piu’ dure dell’Adamantio di Wolverine!!
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Mi si spaccano le mani e la schiena (giuro!)
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Ci metto una vita e il bagno ce lo facciamo l’anno che viene.
Quindi, dopo alcuni giorni di bestemmie in aramaico, faccio un bel fermi tutti e compro questa:
La mia e’ rossa, ma per il resto e’ lo stesso attrezzo. Prezzo 89 Euro, e via! In effetti la situazione migliora, anche se il lavoro e’ ancora mostruoso. Sicuramente la fase di scavo e’ piu’ agevole, ma resta il problema di tirare via continuamente il materiale di riporto, e questo, vi assicuro, e’ una roba degna di quelli che stendono l’asfalto ad Agosto!
Mi aiuto con una grossa pala spazzaneve, con il rastrello e con l’erpice, ma vi giuro che erano anni che non mi sentivo spezzato in due come mi sento adesso. Il collo e’ storto, le mani sono gonfie, le gambe sono molli e la schiena e’ una tavola di marmo. Insomma, sto benissimo.
Lavorandoci quasi tutte le sere e nel weekend, me la cavo in 2 settimane circa. Alla fine il terreno e’ abbastanza livellato, ma non perfettamente livellato. Eppure le ho provate tutte, ma vi giuro che e’ un mestiere meledettamente difficile: livella montata su asse, paletti conficcati a misura con filo orizzontale. Non c’e’ un cavolo da fare, in un cerchio di 533cm di diametro resta sempre un pezzo fuori! Livelli di qua e scassi si la’, aggiusti sopra e rompi sotto. Metti un po’ di terra li’ ma poi compattarla senza un rullo compressore da 40 tonnellate e’ impossibile! Il tutto condito dall’effetto ottico dell’area circostante, che pende un po’ qui e un po’ li’, e quindi non ti fa capire una beneamata ceppa!
Alla fine decido: se il grosso mi soddisfa, che il resto si fotta! L’importante e’ che lungo la circoferenza piu’ o meno ci siamo e, alla peggio, faro’ il fine tuning con qualche spessore. Finito lo scavo archeologico mi metto giu’ a interrare le piastrelle, che devono essere, giustamente, a filo (4 cm di spessore). Un altro lavoro della minchia, seduto per terra nel fango, su un miserabile pezzo di cartone umido, a spaccarmi la schiena e le mani con la palettina, il rastrellino e, soprattutto, le cesoie, per tagliare continuamente le fottutissime radici di gramigna che rompono i maroni ogni volta che provo a scavare. Ovviamente si aggiunge l’ulteriore complicazione: riportando materiale e accumulandolo sui bordi, questi hanno ceduto in qualche punto, soprattutto causa temporale di merda, per cui la circonferenza, scavata con tanto amore e precisione, e’ andata a farsi una gita, e va rimessa a posto.
Non dimentichiamoci che, per ogni piastrella, devo misurare la distanza esatta da quella opposta (533cm) e la distanza da quella di fianco (100 cm). Un lavoro diabolico, dove, se ti freghi un centimetro da qualche parte, ti si sputtana tutta la circonferenza e arrivi all’ultima piastrella da coglione che si accorge che e’ troppo vicina oppure troppo lontana dalla compagna di fianco… Dovendoci mettere su dei paletti di metallo che reggono 20 tonnellate… non so se mi spiego.
Risultato:
Continua…
Post-gara Gran Premio di F1 di Germania 2011
Che dire? Ormai la Ferrari va forte come la RedBull. O meglio, siccome va forte anche la McLaren, credo che sia piu’ corretto affermare che e’ stata la RedBull a rallentare un po’.
Come a dire che, dalla scorsa gara, senza scarichi soffiati sono veramente cazzi. Ribadisco, pratica assai scorretta da parte della F.I.A., ma questo e’ quanto.
Ieri la RedBull ha confermato 3 fatti molto importanti:
- Webber non imbrocca una partenza nemmeno se spegne lui i semafori;
- Vettel quando e’ sotto pressione e non e’ in testa fa cazzate, pero’ ha pure un gran culo;
- Ai pit-stop sono dei mostri, mentre in casa Maranello si continuano a raccogliere brutte figure.
Detto questo, l’outsider di ieri e’ stato Hamilton, che ha messo in pista le sue indiscutibili qualita’ di pilota estremamente veloce e ha vinto una gara bellissima. Aiutato, va detto, da un consumo gomme piuttosto regolare, dovuto non al suo piedone ma, piuttosto, alle circostanze (pista+meteo+strategia soste). A tale proposito, ci tengo a evidenziare ancora una volta che questa storie delle mescole diverse resta un gran casino. Possibile che anche ieri nessuno c’abbia capito una mazza, e tutti fossero convinti di andare piu’ piano di un secondo e mezzo con le dure?
Alonso, e con lui la Ferrari, ha peccato di presunzione: invece di fotocopiare la strategia McLaren ha pensato di restare dentro e fare 2 giri alla Schumacher. D’altronde, nel POST precedente, l’avevo detto che lui poteva farlo, e non intendo smentirmi adesso. Pero’ pretendere di piazzare tempi da qualifica sui cerchioni mi sembrava eccessivo! Detto fatto: 2 giri di merda, e addio vittoria, con immensa rabbia dell’arabia saudita del sottoscritto e di qualche altra milionata di tifosi Ferrari sparsi qua e la’.
Per carita’, coi tempi che corrono un secondo posto e’ oro, soprattutto se paragonato alla situazione di qualche settimana fa, ma ieri in provincia di Modena di poteva vincere, e non e’ andata cosi’. A dimostrazione, ancora una volta, che la Ferrari di oggi si perde facilmente quando c’e’ da prendere rapidamente una decisione che puo’ cambiare le sorti di una gara. Per contro, e qui possiamo anche ridere, Vettel ha un vantaggio di 77 punti su Webber (piu’ di 3 gare) e, addirittura, di 86 su Alonso (quasi 4 gare). E quando lo perde il mondiale questo?
A questo punto, pero’, mi sento obbligato a dedicare qualche riga a Felipe Massa. Negli ultimi mesi l’ho massacrato, ma ieri sembrava quello di una volta. Dal rientro dopo la botta ungherese si era perso, ma ieri sulla pista tedesca ha messo giu’ velocita’ e prestazioni degne, se non meglio, di Alonso stesso, tenendo dietro abilmente Vettel e compiendo due sorpassi difficilissimi di puro manico, in un punto della pista in cui l’uso del DRS era vietato.
Sara’ che Montezemolo gli ha detto che lo terra’ anche l’anno prossimo, ma questo e’ anche la riprova che il pacchetto c’e’, e che lui, se vuole, e’ pilota vero. Pero’ e’ pure sfigato, sia perche’ dopo una partenza incredibile ha dovuto mollare per non ritrovarsi seduto in abitacolo col compagno di squadra, e sia perche’, come abbiamo detto, uno dei meccanici ha pensato bene di incartarsi con un dado. Un miserabile dado che spero abbiano fuso senza ritegno subito dopo, insieme al meccanico, ovviamente.
Mi direte: gli errori ci stanno! D’accordo, ma ci stessero ogni tanto pure da qualche altra parte sarebbe statisticamente piu’ corretto ed emotivamente piu’ accettabile. E poi sono gli errori stupidi che fanno incazzare all’ennesima potenza.
In ogni caso, bravo Felipe, ti auguro di continuare cosi’, e mi auguro di essere qui domenica prossima a tessere nuovamente le tue lodi.
Delle altre scuderie, Mercedes e Renault incluse, cosa dire? Ormai il divario e’ imbarazzate, e quando i primi giravano sul piede dell’1:37, gli ultimi pascolavano intorno all’1:42…
Cinque secondi al giro, in questo sport, sono come, che ne so, 3 ore nella maratona? Un abisso profondo, vergognoso e incolmabile.
Dulcis in fundo, da segnalare il ritorno di Chandkok, meraviglioso driver indiano che, tanto per non smentirmi, e’ arrivato ultimo, staccato di soli 4 giri. Non che Kovalainen abbia fatto tanto meglio (18-esimo), ma almeno di giri ne ha presi solo due. Facciamo i conti, e scopriamo che nel tempo che Hamilton ha impiegato per vincere la gara, il talento del sub-continente e’ rimasto indietro di circa 20 Km!
Tik hè!!!
Commento gara precedente: Gran Premio di Gran Bretagna.
Post-gara Gran Premio di F1 di Gran Bretagna 2011
Il Signore della Pioggia ha fatto il miracolo!
Ma non solo.
Gia’, perche’ a Silverstone le Ferrari hanno mostrato un progresso aerodinamico inaudito, roba da mettersi le missilistiche RedBull dietro, anche di 1,5 secondi al giro.
Perche’ dico che il Signore della Piogga ha fatto il miracolo? Perche’ i primi giri con le gomme intermedie non sono stati esaltanti per le Rosse, causa cronico problema a portare le coperture in temperatura, quindi se l’acqua fosse tornata a scorrere avremmo visto un’altra storia.
E invece no: Alonso, e per certi versi anche Massa (che pero’ stranamente non capitalizza mai!), avevano un altro passo. E’ vero anche che Vettel ha avuto quell’inconveniente al pit-stop che lo ho fermato qualche secondo piu’ del dovuto, ma se anche fosse andato tutto liscio c’e’ da credere abbondantemente che Alonso lo avrebbe preso e gli avrebbe fatto vedere i sorci verdi, grazie anche al DRS naturalmente.
Eh si, senza lo scarico soffiato, evidentemente sono cazzi per i bibitari dell’Osterreich! Peccato per questa F.I.A., che e’ costituita da un branco di burocrati incompetenti, che si tirano le sfighe addosso, scrivendo regolamenti pieni di buchi che i progettisti interpretano a piacere. A volte va bene, come quando nel 2009 Ross Brown si invento’ il buco estrattore nel fondo piatto e mise un siluro nelle mani di Button. A volte va male, come quest’anno: la RedBull, ma anche la Mercedes e la Renault, hanno dovuto rinunciare all’improvviso alla magia dei gas caldi e compressi che, scorrendo sotto l’auto, aumentano notevolmente la deportanza, creando un effetto suolo d’altri tempi, come quando si usavano le mini-gonne. Resta il fatto che la F.I.A. non puo’ permettersi questa roba: si investono milioni in sviluppo, si fanno delle scelte precise che condizionano l’intero prodotto, e non si puo’, all’improvviso, dare l’ordine di “cambiare”, considerando anche che e’ vietato fare test. E’ una immensa e incommensurabile stronzata!
Tornando alla performance in pista, ieri il grande Pino Allievi della Gazzetta dello Sport ha detto che pure contro gli scarichi soffiati Alonso avrebbe dominato, e se lo dice lui io posso solo togliermi il cappello, anche se qualche dubbio mi resta. Diciamo che se la sarebbero giocata bene, alla pari, ma dominare? Boh…
Comunque, grande Ferrari, e soprattutto grande Alonso, che ieri piu’ che mai ha dimostrato di poter addirittura consentire alla Ferrari di fare strategie alla Schumacher, quando Ross Brown gli diceva (cito a memoria un POST del Dottordivago): “per vincere devi fare 7 giri consecutivi da qualifica”, e Michael rispondeva “fa pene”, e vinceva le gare. E vedere una monoposto di Maranello che, nel tempio dell’aerodinamica di Silvertone umilia una RedBull, scusate, non ha prezzo! Sarebbe veramente interessante stabilire quanto e’ Alonso che fa bene alla Ferrari oppure quanto viceversa. Vistal’attuale gestione maranellese, io propendo per la prima, anche se oggettivamente l’impegno e il risultato complessivo vanno riconosciuti.
Indiscutibilmente. Alonso e’ un manico d’altri tempi, e a Maranello ci sta proprio bene. Certo, se ad accompagnarlo ci fosse un altro pilota capace di arrivare sul podio sarebbe molto meglio, visto che il campionato costruttori si vince in due piuttosto-anziche-no.
E lo sanno bene alla RedBull, che ha rinnovato ancora il contratto a Mark Webber, all’alba dei suoi 87 anni. E chi lo molla uno cosi’? Veloce e’ veloce, si trova bene, sviluppa la macchina e, soprattutto, quando gli dicono (come ieri) “Mark resta dietro a Sebastian”, lui se la piega pure a libretto, lo scorta al traguardo e non batte ciglio, ne’ prima, ne’ durante e ne’ mai.
Se lo avessero ordinato a Massa, questi avrebbe pianto misera per il lustro successivo, strisciando miseramente tra le curve del circuito fino a consumarsi le rotule!
A proposito, vogliamo parlare del finto moralismo in casa RedBull? Quando la Ferrari diede il famoso ordine di scuderia a Massa l’anno scorso, intimandogli di far passare Alonso, azione per cui fu sanzionata, gli austro-inglesi gridarono allo scandalo, dicendo che non era un comportamento sportivo, e su e giu’ e trick e track!. Ieri: “Mark, keep the gap”. Bravi, complimenti per la coerenza!
Non ho finito, c’e’ ancora qualcosa da dire.
Iniziamo dalla McLaren. Sono arrivati al Gran Premio di casa indietro come le balle del cane (altra citazione rubata al mio amico Carletto). Macchina lenta, rigida, saltellante… Poi in gara decisamente meglio, almeno non peggio delle RedBull. Che e’ successo? Non lo so. Quando pero’ dal box hanno detto ad Hamilton via radio di rallentare causa scarsita’ di benzina, ho pensato che fosse un trucco per fargli risparmiare le gomme, visto che l’altra volta gli avevano detto di rallentare e preservare le coperture e lui aveva risposto che “non poteva andare piu’ piano”, salvo poi mangiarsi tutto fino a cerchi e dire che “non poteva andare piu’ veloce”.
Stai a vedere, ho pensato, che lo prendono per il culo pur di convincerlo a tenersi un millimetro di caucciu’ fino al traguardo. E invece, l’ing. Bruno della RAI (a proposito, complimenti per aver finalmente capito che i team radio li vogliamo ascoltare anche noi!) mi ha messo la pulce nell’orecchio, affermando che quelli della McLaren potrebbero aver caricato meno benzina per recuperare qualche decimo al giro. Mica male, ma se fosse cosi’, come direbbe Fede, che figura di merda! Ma a prescindere da cio’, io credo che il tempo sia maturo per cacciare via il negro (scusate, io non sono razzista, ma nel mondo degli appassionati di Formula 1 quelli che non lo sopportano lo chiamano cosi’, e siamo in tanti!). Ormai, se va bene, ne butta fuori uno a Gran Premio, a volte anche due. Ieri e’ toccato ancora a Massa, che era immensamente piu’ veloce (anche 3,5 secondi al giro!), ma quando ha provato a superarlo si e’ visto speronare ferocemente, pur essendo nettamente davanti di almeno mezza macchina all’ingresso in curva. Tutto si puo’ dire tranne che Lewis Hamilton sia un gentleman driver, anzi, e’ proprio uno stronzo, a cui parte troppo facilmente la valvola, soprattutto quando e’ in difficolta’. Per me starebbe bene a casa sua. A completamento della meravigliosa giornata per il Team di Woking, non posso non citare l’incredibile errore commesso dai meccanici al pist-stop di Button: 4 dadi serrati meno 1 dado serrato e’ uguale a 300 metri di gara e poi parcheggio mesto. Che roba! Button, che e’ un signore, ha abbozzato. Se fosse capitato a Massa, avrebbe convocato un corteo di pie donne brasiliane con veli neri a piangere per due settimane lungo tutto il tracciato!
Restando su motori tedeschi, voglio chiudere con la corazzata Mercedes, facendo un passaggio su Schumacher, che ormai commette errori a iosa, degni di un ragazzino. Ieri ha valutato male l’effetto del DRS e ha inculato l’incolpevole Kobayashi. Ma si puo’? No, dico, ma uno che vinto 7 titoli mondiali… MA SI PUO’??? Ma pover’uomo, ma come si e’ ridotto. Pero’ e’ una persona anziana, e come tale io la rispetto… c’aggia’ fa?
Chiudo dicendo semplicemente che la corazzata germanica e’ ormai affondata, e nessuno la sta cercando li’ sotto, negli abissi blu. Forse farebbero meglio a seguire l’esempio della BMW che, visti gli insuccessi, decise di investire altrove.
Commento gara precedente: Gran Premio del Canada.
I POST delle ultime 3 stagioni.