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L'umanita' sta regredendo

Incidente Aereo Malaysia Airlines MH370 – Parte Seconda

Qualche giorno fa ho voluto dire la mia sui fatti e sulle speculazioni di questa che, evidentemente, non si puo’ altresi’ che definire una tragedia del trasporto aereo. Oggi voglio provare ad esporre la mia teoria, che contrasta con quanto gli inquirenti ci abbiano lasciato sapere finora (vedere più avanti).

Finora, abbiamo visto la ricostruzione dei fatti noti in ordine temporale, e poi abbiamo provato a speculare un po’, eliminando statisticamente le ipotesi meno probabili e rafforzando ciò che resta.

Le conclusione a cui sono giunto nell’articolo precedente e’ stata che e’ inutile speculare troppo. E che, probabilmente, si e’ trattato di un gesto dimostrativo da parte del comandante, o del primo ufficiale o di entrambi. Oggi potrei aver cambiato idea, dopo alcuni giorni di meditazione e di disegnini vari su mappe improvvisate, su cui ho cercato di inserire i dati di pubblico dominio e qualche congettura, cercando di arrivare a un’ipotesi che si tenesse in piedi.

Ma andiamo con ordine.

Prima di tutto, pare che un satellite francese abbia fotografato oltre cento rottami, di varie dimensioni, in un’area posta a sud-est di Perth, a circa 2.500 Km dalle coste australiane. Questo collima con gli avvistamenti satellitari precedenti, che ponevano alcuni presunti oggetti a circa 2.200 Km dalla città australiana. Non dimentichiamoci, infatti, che quell’area dell’Oceano Indiano e’ soggetta a forti correnti che, in pochi giorni, possono far viaggiare qualsiasi cosa per centinaia di chilometri. Finora non ho sentito nessuno parlare di un’analisi di tali correnti, in modo da provare a determinare velocità e rotta dei relitti, ma sono sicuro che qualcuno questi conti li avrà fatti e, forse, tenuti per se’ perché ritenuti utili ma non troppo affidabili.

Sta di fatto, ed e’ un grosso fatto, che nonostante gli avvistamenti, tutti gli aerei e le navi coinvolte finora nelle operazioni di ricerca non hanno trovato niente. Niente di niente. Come e’ possibile? Possiamo fare due ipotesi:

  1. L’area di ricerca e’ approssimativamente giusta, ma le dimensioni dell’area stessa, le correnti, le onde e le altre difficoltà a cui si può pensare rendono le cose difficili, come cercare un ago in un pagliaio. Anzi, qualcuno ha detto che in realta’ si stia ancora cercando il pagliaio. Il che ci porta all’ipotesi due.
  2. L’area di ricerca e’ sbagliata. Ma se l’area di ricerca e’ sbagliata, allora cosa sono quei rottami visibili dai satelliti? Potrebbe trattarsi di altro, magari di una nave affondata di cui non si sa ancora nulla. Oppure di spazzatura (non sarebbe la prima volta), anche se ritenere immondizia dei relitti che arrivano a misurare anche 23 metri e’ piuttosto difficile. Comunque, se l’area di ricerca e’ sbagliata, nel senso che e’ sbagliata di brutto, allora siamo punto e da capo, e tutto il castello di certezze e di ipotesi crolla.

Direi che la prima ipotesi possa restare di gran lunga la più plausibile, non fosse altro perché e’ quella che risponde meglio ai dati in possesso degli inquirenti, di quelli ufficiali e dei dilettanti come il sottoscritto.

Se l’ipotesi uno e’ buona, allora la storia resta: abbiamo un aereo moderno e super affidabile che parte da Kuala Lumpur in condizioni meteo ideali, dopo meno di un’ora compie una virata non programmata, subito dopo aver spento i segnalatori radio. Si dirige, dunque, a ovest, fuori rotta di alcune centinaia di chilometri, compie alcune manovre di salita e discesa (vedere sempre articolo precedente) e poi sparisce da tutto. Salvo essere poi rilevato da un satellite posto sull’Oceano Indiano che rileva un debole segnale (in realtà i segnali sono due, il secondo dei quali potrebbe aiutare a restringere ulteriormente l’area di ricerca), grazie al quale (ai quali) si può stimare che il velivolo si sia diretto a nord-ovest sull’Asia oppure a sud-ovest verso il mare aperto e il Circolo Polare Antartico, ben lontano da qualsiasi terraferma. Dalle immagini satellitari, la rotta sud-ovest sembra la più probabile, anche perché sarebbe stato praticamente impossibile volare su India, Pakistan e Asia occidentale senza essere avvistati da almeno uno dei tantissimi radar militari posti in un’area della Terra ben presidiata dai vari eserciti di tutto il Mondo, locali e non.

La domanda allora resta la stessa: che e’ successo?

Le indagini ormai sembrano concentrarsi esclusivamente sul comandante Zaharie Ahmad Shah. Pare che avesse seri problemi familiari, che la moglie lo avesse lasciato e che anche l’amante lo stesse allontanando. Un ex-pilota che lo conosceva ha dichiarato che costui non fosse nelle condizioni psicologiche adeguate a pilotare un aereo di linea. Altre persone vicine, invece, affermano con forza che mai e poi mai il comandante Shah avrebbe potuto commettere un gesto del genere. Insomma, qui si tratta di pareri molto soggettivi, espressi da gente che gli voleva bene e, magari, anche da chi invece lo odiava per qualche ragione (ex-collega pilota?), quindi vanno prese con le pinze.

La dinamica sicuramente aiuterebbe molto a comprendere i fatti, ma la dinamica sara’ forse possibile ricostruirla solo se si riusciranno a recuperare le scatole nere che registrano tutti i dati e tutte le conversazioni delle ultime due ore di volo. Perché dico forse? Perché se l’aereo ha davvero volato per cinque ore dopo l’ultimo segnale radar, e se a bordo erano già tutti morti oppure incapacitati, cosa mai potranno contenere le scatole nere? Forse nulla, se non silenzio e rumori ambientali e l’ultima rotta impostata. Ma di certo conterranno tutti i dati relativi alla caduta dell’aereo, quindi almeno potremo sapere perché il B777 e’ precipitato. Altra cosa sarebbe se a bordo fossero ancora tutti o in parte vivi durante le ultime ore, ma e’ difficile che sia andata cosi’.

A questo punto mi sbilancio, e scelgo una ricostruzione dei fatti diversa dall’ipotesi suicidio, alla quale preferisco rifiutarmi di credere fino a che qualcuno non potrà giurarlo, dati alla mano.

Ecco, dunque, la mia personalissima ipotesi.

Quando l’aereo e’ ancora in rotta, e dopo l’ultimo contatto radio con l’ATC (da parte del primo ufficiale), si verifica un’emergenza incendio a bordo, probabilmente di origine elettrica. La regola dice: mantieni il controllo dell’aereo, naviga verso un luogo sicuro e poi comunica. Allora vengono staccati tutti i contatti elettrici, la radio, l’ACARS, il transponder: tutto spento, per interrompere l’alimentazione e controllare la causa scatenante.

Il comandante, nella sua testa, conosce la posizione di almeno un aeroporto vicino, adatto a fare atterrare le 300 tonnellate di cui e’ al comando. Bastano pochi secondi e i il dato e’ tratto, Shah imposta la rotta e si dirige verso di esso, probabilmente nella Malesia settentrionale, diciamo il Sultan Abdul Halim presso la citta’ di Alor Setar (vedere mia cartina in fondo). Nel frattempo, a causa del fumo in cabina, le maschere dell’ossigeno escono dai loro alloggiamenti. Il pilota sa che, in un caso del genere, dispone di una decina di minuti per portare l’aereo a una quota più’ bassa, in modo da consentire a tutti di respirare prima che le bombole di ossigeno si esauriscano. Imposta una discesa, fino sotto i 4.000 metri, cosi’ che si possa respirare senza ausili (la cosa e’ confermata dai radar militari). Via le mascherine, va ancora tutto più o meno bene, ma il fumo in cabina non si placa, quindi i passeggeri iniziano a stare male e a perdere i sensi. Il fuoco, ovunque sia, rischia di mangiarsi l’aeromobile. Cosa fare? Salire, salire, salire ancora! Fino ad asfissiare l’incendio per mancanza di ossigeno. Non credo che questa fosse una manovra contemplata nelle checklist per le emergenze (o magari si), si tratta probabilmente di una scelta dettata forse dalla disperazione, ma anche dall’esperienza di trent’anni di carriera e di oltre diciottomila ore di volo. Shah e’ anche consapevole che rischia anche di uccidere tutti gli esseri umani a bordo, ma l’incendio non gli da tregua, quali alternative ha?

Nessuna: se lascia che l’incendio divampi, allora sono tutti morti comunque, con il rischio di precipitare in modo incontrollato e mietere altre vittime a terra. Forse lui aveva in borsa una maschera personale, una di quelle che aiutano a respirare anche in presenza di fumo (alcuni piloti ne portano sempre una con se’), la indossa, quindi riesce ancora ad essere cosciente e a manovrare. Il secondo pilota non ha la maschera e perde i sensi, Shah e’ solo! Sale fino a 45.000 piedi (circa 13.500 metri, e anche questo e’ confermato dai radar), oltre i 43.100 di cui il Boeing 777-200ER e’ capace. Di più non riesce a fare, perché si accendono gli allarmi di stallo oppure gli vibra la cloche. L’incendio forse si spegne, a causa della totale mancanza di ossigeno di cui si nutre, il comandante e’ allo stremo, ma e’ ancora abbastanza vigile e, comunque, non può fare altro per domare il fuoco. Si e’ giocato l’ultima carta che aveva. Pensa allora alla fase successiva: riportare l’aereo a terra. L’aeroporto che aveva in mente prima ormai e’ passato, tanto vale cercare di raggiungere il prossimo, di certo a sud della posizione attuale, diciamo il Kuala Namu, presso la citta’ di Medan (vedere sempre cartina in fondo). Imposta una nuova quota in discesa (magari ancora 35.000 piedi) e una rotta verso sud/sud-ovest, diciamo 190 gradi. A questo punto viene sopraffatto dal fumo e dallo sforzo e perde i sensi.

L’aereo scende da solo fino a 35.000 piedi, si livella, e continua la sua corsa solitaria verso l’Antartide, fino a quando, dopo circa 5.000 Km, il carburante si esaurisce e i motori si spengono. Il pilota automatico fa il possibile per tenere l’areo in aria ma deve cedere. Il B777 punta il muso verso il basso dopo lo stallo e precipita come un sasso in mare. Tutti gli occupanti a bordo sono gia’ morti da un pezzo, oppure sono incoscienti.

Fine dell’MH370 😦 Non resta che un pensiero di affetto e di vicinanza per tutte le vittime, i familiari, i parenti e gli amici.

Segue la mia cartina:

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27 marzo 2014 Posted by | Cose da ricordare, incidenti aerei | , , , , , , , | 3 commenti

Incidente Aereo Malaysia Airlines MH370

L’8 marzo 2014, un Boeing 777-200ER della Malaysia Airlines e’ letteralmente sparito dai cieli tra la Malesia e il Vietnam.

Il mistero che tuttora avvolge la sorte di questo aereo e di tutte le persone a bordo e’ ancora avvolto da una fitta nebbia, troppa per astenermi dal dire la mia. Da giorni leggo di ogni genere di speculazione, ma la verità e’ che i fatti accertati sono pochi per potersi formare un’idea convincente sull’accaduto. Nonostante cio’, le informazioni a disposizione sono sufficienti per eliminare con ragionevole confidenza alcune speculazioni, e per provare a smontarne o a montarne di nuove.

Prima di raccontare i fatti noti, e’ utile soffermarsi un attimo su due dispositivi chiave di cui sono dotati tutti gli aeromobili commerciali moderni:

  1. TRANSPONDER: si tratta di un dispositivo che, quando interrogato via radio, risponde con determinate informazioni. Tipicamente il codice identificativo di quattro cifre dell’aeromobile (si chiama squawk, e viene assegnato dall’Air Traffic Control prima del volo), la direzione e l’altitudine (basata sulla pressione atmosferica). E’ importante sapere che, in caso di tentato dirottamento da parte di qualcuno a bordo, l’equipaggio può modificare il codice identificativo con uno predeterminato che indica attacco terroristico in corso (squawk 7500). Il problema e’ che questo e’ ormai un fatto noto, quindi sapere che il volo MH370 non ha impostato questo codice non aiuta ad escludere la possibilità che fosse in atto un dirottamento, perché l’attentatore potrebbe aver imposto di non toccare il transponder, oppure di spegnerlo, come effettivamente e’ avvenuto (vedere in seguito). NOTA: il transponder si può facilmente spegnere e accendere dal cockpit, e nel Boeing 777 e’ posizionato sul tunnel centrale tra i due sedili della cabina di pilotaggio.
  2. ACARS: e’ un sistema che invia a terra, di solito automaticamente, una nutrita serie di informazioni. Dalle informazioni relative al volo alle anomalie e ai guasti. NOTA: l’ACARS non si può spegnere con un pulsante, ma richiede perizia. Un pilota oppure un tecnico esperto sanno dove mettere le mani per spegnere l’ACARS, o piuttosto sanno come togliere l’alimentazione all’ACARS. Cio’ che invece nessuno può fare a bordo dell’aereo e’ spegnere il collegamento satellitare, i cui circuiti, se non sbaglio, si trovano nella coda dell’aeromobile. Per capirci: se l’aereo fosse casa nostra, allora spegnere o togliere la corrente al computer che abbiamo sulla scrivania sarebbe possibile, disattivare l’ADSL no. E’ chiaro che, senza dati da inviare, l’ADSL (quindi il link satellitare) resta quasi muta. Il quasi e’ importante, perché in realtà il dispositivo di rete che gestisce il link comunica con i satelliti responsabili di veicolare i dati, ma si limita a comunicazioni di basso livello (ping). Da terra quindi e’ possibile sapere se il link e’ attivo oppure no, ma non si possono conoscere altre informazioni nei riguardi della situazione dell’aeromobile. Studiando pero’ attentamente i satelliti interessati dalla comunicazione si possono fare delle stime su possibili rotte intraprese dal velivolo. Questo e’ gia’ stato fatto (vedere in seguito).

Veniamo ai fatti noti, in ordine:

  • ore 00:41: il volo MH370 decolla dell’aeroporto di Kuala Lumpur ed e’ atteso a Pechino per le ore 06:30. La Malaysia Airlines riporta di aver perso contatto con l’aereo poco meno di un’ora dopo il decollo, senza aver ricevuto alcuna segnalazione.
  • ore 01:07: l’ACARS invia la sua ultima segnalazione di routine. Quella successiva, prevista per le ore 01:37, non perviene, per cui qualcuno o qualcosa deve aver disabilitato il sistema in questo intervallo di tempo.
  • ore 01:19: il secondo pilota comunica via radio con il Controllo Aereo della Malesia, e testualmente dice: “tutto bene, buona notte”. Messaggio non particolarmente formale, avrebbe almeno dovuto citare la sigla del volo, ma ci può stare. A volte, i piloti non utilizzano il fraseggio formale, almeno in certe circostanze. Pochi minuti dopo il transponder smette di rispondere, proprio nella fase in cui l’aeromobile sta passando dal Controllo Aereo della Malesia a quello del Vietnam.
  • ore 01:21: il Controllo Aereo del Vietnam riporta che il volo MH370 non ha fatto il check-in (la prima comunicazione radio che avviene quando si passa da un ATC all’altro).
  • ore 02:15: un radar militare malese traccia la posizione dell’aereo a sud dell’Isola di Pukhet, nello Stretto di Malacca, a ovest dell’ultima posizione conosciuta. L’informazione e’ confermata anche da un radar militare tailandese.
  • ore 08:11: sette ore dopo l’ultimo contatto, un satellite posizionato sull’Oceano Indiano rileva il link dell’aereo. Questo dato (pubblicato solo una settimana dopo la scomparsa dell’aeromobile) suggerisce che il volo MH370 potesse trovarsi in due corridoi: uno diretto a nord, tra la Thailandia e il Kazaksthan e un altro diretto a sud, tra l’Indonesia e la parte meridionale dell’Oceano Indiano.

Tutti questi fatti sono riassunti in modo egregio nell’immagine che segue:

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(clicca per ingrandire)

Quindi, in sintesi, abbiamo un aereo che decolla regolarmente, viaggia a quota, direzione e velocità previste in condizioni meteo perfette. Dopo meno di un’ora, vira a sinistra in contraddizione con la rotta impostata e comunicata, e sparisce nel nulla. Salvo essere tracciato (o rintracciato) nuovamente da un satellite, circa 7 ore dopo, al limite del range possibile con il carburante imbarcato.

Nel frattempo, le Autorità cinesi affermano di aver individuato dei rottami nell’Oceano Indiano, in un’area compatibile con la rotta verso sud elaborata dopo aver rilevato il link satellitare (vedi ancora immagine sopra). I rottami si trovano a circa 2.200 chilometri da Perth, a sud-ovest delle coste australiane, in un’area dove c’e’ solo mare, e dove le condizioni meteo sono spesso avverse (il Circolo Polare Antartico non e’ lontano). Le ricerche sono partite da alcuni giorni, ma la distanza e le condizioni meteorologiche non aiutano, anzi rendono la ricerca particolarmente ostica. Anche le condizioni del mare sono di ostacolo, sia perché rendono difficile la navigazione ai vascelli presenti in zona, e sia perché i rottami potrebbero affiorare solo in alcuni momenti, oppure affondare del tutto dopo alcuni giorni.

In ogni caso, finché nessuno sara’ in grado di recuperare almeno uno di questi pezzi ed associarlo in modo inequivocabile al Boeing 777-200ER protagonista della vicenda, non potremo dire di più.

Sta di fatto che l’aereo non si trova ancora. Ma cosa può aver determinato questa “sparizione”? Prima di tutto e’ necessario dire che il Boeing 777-200ER e’ un aeromobile moderno e super affidabile. Dispone di un palmares invidiabile in termini di sicurezza. Pochissimi altri aerei, forse nessuno, possono vantare quasi vent’anni di immacolato servizio. La tabella qui sotto e’ molto esplicativa:

data tipo registrazione operatore vittime luogo   foto cat
20-JAN-1997 Boeing 777-281   All Nippon 0 Fukuoka Airp…   H2
14-OCT-2000 Boeing 777-268 HZ-AKH Saudi Arabian 0 Baghdad   H2
05-SEP-2001 Boeing 777-236ER G-VIIK British Airways 0+ 1 Denver Inter…   A2
26-FEB-2007 Boeing 777-222ER N786UA United Air Lines 0 London-Heath…   A2
17-JAN-2008 Boeing 777-236ER G-YMMM British Airways 0 London-Heath… A1
17-APR-2011 Boeing 777-F6N B-2078 China Cargo Airlines 0 København-Ka… A2
29-JUL-2011 Boeing 777-266ER SU-GBP EgyptAir 0 Cairo Intern… A1
24-MAY-2013 Boeing 777-340ER AP-BID PIA 0 London-Stans… H2
06-JUL-2013 Boeing 777-28EER HL7742 Asiana Airlines 3 San Francisc… A1
08-MAR-2014 Boeing 777-2H6ER 9M-MRO Malaysia Airlines   near Malaysia C1

In quasi venti anni di servizio attivo (il primo volo risale al 12 giugno 1994), il Boeing 777 (nelle varie versioni) ha avuto “solo” 10 incidenti. Ma ciò che conta davvero e’ il numero di vittime prossimo allo zero. Intendiamoci: non che anche una sola vita umana non sia preziosa, ma quando ci si esprime in termini statistici la crudezza del dato e’ da prendere cosi’ come viene. Di fatto, a parte l’incidente del 5 settembre 2001, quando durante il rifornimento si sviluppo’ un incendio in cui lo stesso addetto al rifornimento perse la vita, solo lo schianto (recentissimo) del 6 luglio 2013 all’aeroporto di San Francisco ha portato alla tragica morte di tre passeggeri. Esito che, se paragonato alla dinamica, avrebbe potuto essere di ben altra consistenza (qui una ricostruzione video dell’incidente).

Dunque, il B777 e’ un aereo moderno, robusto, tecnicamente all’avanguardia, che va letteralmente incontro alla morte prima di portarsi dietro gli occupanti. E’ quindi statisticamente da escludere che il mezzo possa aver subito un incidente fatale durante il volo, un incidente tale da causarne la caduta e lo schianto. E’ altrettanto vero che, se finora non sono mai accaduti incidenti gravi, non ci si può aspettare che questo stato di grazia duri per sempre. Infatti, proprio il rilevamento dei radar militari potrebbe suggerire che il velivolo abbia operato una manovra non prevista dal piano di volo e che abbia volato in direzione ovest per circa un’ora verso lo Stretto di Malacca.

E’ possibile che si sia verificata un’emergenza a bordo tale da costringere i piloti a cambiare direzione e cercare una pista per un atterraggio di emergenza? Si, e’ possibile. Ma che emergenza? In un contesto del genere, l’evento più compatibile sarebbe un incendio a bordo. Che incendio? A bordo sono possibili due tipi di incendio: elettrico e per combustione di materiale infiammabile. Se si fosse trattato di un incendio elettrico, la prima operazione da compiere sarebbe stata quella di spegnere progressivamente i sistemi per isolare la situazione e poi, se possibile, riavviarli. Lo spegnimento del transponder e, chissà, forse anche dell’ACARS, potrebbero essere compatibili con tale situazione. Potrebbe forse essersi reso necessario staccare una nutrita serie di fusibili per interrompere l’alimentazione elettrica dei vari dispositivi. Cio’, purtroppo, non garantisce la risoluzione del guasto, perché magari il fuoco può svilupparsi lungo il percorso di un qualsiasi cavo che corra lungo la fusoliera, nell’abitacolo o nel vano bagagli. Aeree nascoste alla vista ma quasi sempre accessibili, ma e’ possibile che il fattore tempo abbia remato contro.

Un altro incendio possibile e’ quello che consegue l’accensione di materiale infiammabile. Che, su un aereo moderno come il 777, praticamente non c’e’. Fatta eccezione, tanto per dire la più probabile, degli pneumatici. Qualcuno ha azzardato l’ipotesi che, a causa del clima caldo al decollo e del carico dell’aereo (era a pieno carico) e magari anche a causa di una pressione non corretta, uno degli pneumatici possa essersi surriscaldato durante la corsa di decollo e che, una volta rientrato nel proprio vano, possa aver preso fuoco. Il fuoco di gomma e’ scuro e denso, e rende rapidamente l’aria irrespirabile. Naturalmente esistono le maschere dell’ossigeno, le quali pero’ non durano più di dieci minuti. Infatti, in caso di perdita di pressione, l’equipaggio manovra l’aereo per portarlo ad una quota più bassa, dove l’aria esterna e’ respirabile, rendendo le mascherine non più necessarie in un breve lasso di tempo. Ma in caso di fumo? Le maschere non garantiscono la sopravvivenza, ne’ all’equipaggio e ne’ ai passeggeri, se non si trova il modo di rendere l’aria respirabile. Se l’incendio e’ estinto, il fumo magari va via, se l’incendio continua e la temperatura sale, l’aereo e’ perso e cade. Di recente si e’ anche saputo che l’aereo trasportava un carico di batterie al nichel. Queste batterie, se non impacchettate e stivate con criterio, possono causare fuoco ed esplosioni. Anche un danno grave ai motori o una decompressione improvvisa possono aver causato un disastro inseribile nello stesso quadro. Ma in una situazione del genere, l’aereo sarebbe esploso in aria, oppure sarebbe precipitato in tempi molto brevi, a pezzi o tutto intero, piu’ o meno nell’aerea in cui si e’ perso ogni contatto.

E allora, come la mettiamo con la virata a ovest e l’ulteriore ora trascorsa? Non la mettiamo. Se si fosse sviluppato un incendio pericoloso a bordo, o un qualsiasi grave danno, le cose sarebbero andate diversamente? C’e’ da precisare pero’ che i radar militari hanno anche rilevato una salita fino a quota 45.000 piedi (oltre la quota di tangenza massima prevista per il Boeing 777 di 43.100 piedi) e una discesa fino a 13.000 piedi. Manovre difficili da spiegare, soprattutto la prima salita. Perché andare cosi’ in alto, sapendo di rischiare l’asfissia e anche lo stallo (la densità dell’aria e’ molto bassa e genera pochissima portanza)?

Forse per spegnere un incendio privandolo dell’ossigeno? Oppure per cercare di sfuggire ai radar? Difficile che possa essere la seconda opzione, perché un pilota con trent’anni di servizio, come il comandante del volo, sapeva benissimo che non poteva andare cosi’ in alto da sfuggire ai radar militari. E sapeva altrettanto bene che un comportamento sospetto del genere avrebbe potuto portare le autorità a mettere in aria un paio di caccia per andare a vedere (il tempo c’era, perché non e’ stato fatto? Oppure e’ stato fatto e non ce lo dicono?). Ma se davvero c’era un incendio o un altro guasto grave a bordo, perché non dirigersi verso terra, in prossimità di una pista compatibile con le specifiche del B777, o comunque verso un’area dove tentare un atterraggio di emergenza? Certamente, se non ci sono piste raggiungibili rapidamente, e’ meglio provare l’atterraggio in acqua che sulla dura terra. E allora perché andare verso lo Stretto di Malacca, quando l’aereo, al momento del presunto problema, si trovava già sul mare? Per raggiungere un aeroporto? Nemmeno! Infatti, trovarsi da quelle parti significava aver già lasciato dietro di se’ qualche pista utile per provare a salvare capra e cavoli (vedere immagine qui sotto). Insomma, difficile ritenere che sia stata un’emergenza a bordo a causare tutto questo. L’immagine che segue mostra tutte gli aeroporti che l’aereo avrebbe potuto sfruttare per un atterraggio di emergenza:

(clicca per ingrandire)

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Ma soprattutto, perche’ non tentare alcuna comunicazione? La regola e’: aviate, navigate then communicate. In altre parole, pensa prima a pilotare e a gestire l’emergenza. Se poi hai tempo, informa l’ATC. Che non ci sia stata alcuna comunicazione e’ un a fatto. Dovuto a cosa? All’impossibilita’ di occuparsene per gestire l’aeromobile, oppure per un guasto che ha interessato anche lo spegnimento delle radio? La prima e’ improbabile, perché alla fine, dopo un’ora, il tempo doveva esserci. La seconda entra bene nell’ipotesi dello spegnimento dei dispositivi elettronici a causa del fuoco. Ma allora, l’aereo dove e’ caduto?

Un dirottamento, dunque? Di fatto, alla luce di tutto, questa resta l’ipotesi più plausibile. Qualcun altro ha azzardato che il dirottatore possa aver navigato verso il corridoio nord (compatibile con i segnali rilevati dal satellite) per intercettare un altro Boeing 777 (se non sbaglio della Singapore Airlines), nascondersi nella sua ombra radar (quindi volare in prossimità dell’altro aereo, magari un po’ più in alto o un po’ più in basso) fino ad un certo punto, per poi sfruttare un’altra zona non coperta da radar civili e sparire da qualche parte. A parte che sparire, vista l’onnipresenza di radar militari, sarebbe stata un’impresa certosina da condurre, oltretutto,  con un bestione di 300 tonnellate, la stessa manovra di “aggancio” resta piuttosto fantascientifica, anche se non impossibile. D’altro canto, che l’aereo della Singapore non si sia accorto della presenza dell’MH370 e’ accettabile. Infatti, i sistemi anti-collisione di bordo funzionano sulla base del transponder. In altre parole, rilevano il segnale degli altri aerei presenti in zona e, calcolando direzione e quota, stabiliscono se vi siano pericoli per la navigazione. Come sappiamo, il transponder dell’aereo scomparso era spento, quindi non vi era modo di rilevarlo. E perché compiere un’impresa cosi’ ardita e cosi’ dannatamente difficile da realizzare? Per rubare un Boeing 777 e utilizzarlo in seguito in qualche attentato terroristico? Ma allora perché non utilizzarlo subito, contestualmente al dirottamento? Forse perché questa azione terroristica richiede ulteriore pianificazione, oppure deve essere compiuta in un momento specifico in futuro? Sinceramente mi sembra tutto assai improbabile semplicemente perché eccessivamente complesso.

Il Rasoio di Occam mi suggerisce l’ipotesi di un gesto dimostrativo, magari andato terribilmente male. Sappiamo che il comandante del volo, tale Zaharie Ahmad Shah, era un uomo di lunga e grande esperienza, quindi sicuramente in grado di compiere tutte le operazioni e le manovre fin qui descritte oppure ipotizzate. Ma perché? Gli inquirenti stanno scavando a fondo nella sua vita, cosi’ come in quella degli altri membri dell’equipaggio e dei passeggeri, ma finora e’ emerso solo un dato significativo: a quanto pare, il signor Shah era un fervente seguace del leader politico dell’opposizione malese che, cinque giorni prima, era stato condannato alla prigione per omosessualità. Pare che Shah fosse addirittura presente all’udienza e che la sua famiglia abbia lasciato la casa un giorno prima del fattaccio. Che costui, che tra le altre cose si era anche costruito un simulatore di Boeing 777 in casa, abbia voluto in qualche modo sfogare la sua frustrazione compiendo deliberatamente un gesto dimostrativo di tale gravita’ nei confronti del governo del suo paese? Certamente questo e’ possibile, e come si vede ci sono elementi che supportano questa teoria. Ma Shah avrebbe dovuto prendere il controllo dell’aereo, liberarsi del primo ufficiale,  e poi avrebbe dovuto “fare qualcosa”. Schiantarsi da qualche parte a terra? Non e’ successo, per quel che ne sappiamo. Schiantarsi in mare? E a che pro? E senza nemmeno lasciare qualcosa che possa far intendere che si sia trattato di un gesto politico? Rubare l’aereo per consegnarlo a qualche gruppo terroristico per poi sparire e godersi i soldi? Sinceramente, l’unica ipotesi che sta in piedi e’ proprio che sia stato il comandante ad architettare e compiere il misfatto, e che le sue azioni abbiano condotto ad un esito non atteso. Che costui, cioe’, avesse in mente altro, ma poi, preso alla sprovvista dagli eventi (quali non si sa), sia stato costretto a lasciare che l’aereo esaurisse il carburante e cadesse da qualche parte.

In ogni caso,  se l’MH370 ha davvero virato a sinistra verso sud, e ha davvero volato per altre sei ore sul mare di nessuno per restare senza carburante e precipitare, allora prima o poi qualcuno troverà almeno un relitto in mare e lo collegherà in modo certo all’aeromobile. Se le cose sono andate cosi’, allora qualcuno a bordo e’ stato troppo stupido oppure troppo pazzo (sempre che la pazzia si possa suddividere in gradi), e ha compiuto un gesto che e’ solo servito ad uccidere degli innocenti e raccontare null’altro. Se l’aereo e’ andato a nord, allora troveranno dei relitti in mare tra lo Stretto di Malacca e la costa piu’ vicina (dove NON stanno cercando), oppure un domani, fra mesi o anni, qualcuno scaglierà uno scalcinato Boeing 777 verso qualche obiettivo sensibile.

23 marzo 2014 Posted by | Cose da ricordare, Cose tecniche, incidenti aerei | , , , , , , , , , , , , , , | 5 commenti

Incidente Aereo Air France AF447 – Le indagini

Tutti ci ricordiamo bene del 1 luglio 2009: il volo Air France AF447, da Rio de Janeiro a Parigi, cadde nell’Oceano Atlantico portando con se’ tutti i 216 passeggeri e i 12 membri dell’equipaggio.

Dopo pochissimo tempo fu possibile speculare in maniera oggettiva sulla responsabilita’ del Tubo di Pitot, un dispositivo che serve a rilevare la velocita’ dell’aeromobile, quindi vitale affinche’ i computer di bordo possano eseguire tutta una serie di calcoli e mettere a disposizione dei piloti le informazioni necessarie alla conduzione dell’aeromobile.

Tubo di Pitot (clicca per ingrandire)

Gli aerei dell’Airbus sono molto automatizzati, al punto che l’intero sistema e’ basato sulla tecnologia fly-by-wire. In altre parole non esistono collegamenti diretti tra i comandi e le superfici di controllo piuttosto che con i motori, ma tutte le operazioni vengono mediate da una serie di computer che impediscono, ad esempio, che chi conduce il mezzo possa compiere manovre non consentite dalle leggi della Fisica e dai limiti progettuali del mezzo. E’ chiaro che, quando il volo viene operato direttamente dal pilota automatico, questo sovrintende completamente alla navigazione, utilizzando tutti i dati provenienti dai vari sistemi e dispositivi di bordo, tra cui, appunto, i Tubi di Pitot.

Quando i computer rilevano discrepanze tra i dati, oppure non ricevono dati sufficienti, il comando del velivolo viene restituito al pilota, in modalita’ parzialmente protetta oppure del tutto non protetta. E’ stato stabilito, direi in modo inequivocabile, che, durante quel volo, il computer principale decise di disattivarsi, proprio a causa della natura conflittuale del dato di velocita’ riportato dai Tubi di Pitot. Per questo motivo, il 22 settembre 2009 l’EASA (European Aviation Safety Agency) emise una direttiva per mezzo della quale intimo’ alle compagnie aeree che utilizzavano Airbus A330 e A340 di procedere alla sostituzione dei Tubi di Pitot con modelli ritenuti piu’ affidabili.

Tornando all’incidente, di recente sono state recuperate le famose scatole nere, e alcuni dati sono stati finalmente analizzati, al punto tale da poter ricostruire gli ultimi minuti di quel tragico volo.

Ecco quanto.

Dopo 3 ore e 55 minuti dalla partenza (tempo assoluto, dove la partenza = 00:00:00), il comandante sveglia il secondo e gli passa il comando dell’aereo e, dopo aver preso parte al briefing dei piloti, va a riposare alle 4:01:46. Alle 04:06, il secondo pilota informa l’equipaggio che sta per arrivare un’area di turbolenza. Alle 04:10, il secondo vira leggermente a sinistra e riduce la velocita’ a 0.8 Mach (ad alta quota la velocita’ sul pannello dell’autopilota si imposta in Mach).

NOTA: entrambe le manovre sono normali. La virata e’ dovuta al tentativo di passare attraverso una zona meno turbolenta (identificabile sul radar atmosferico di bordo), e la riduzione della velocita’ e’ prevista dal manuale, e serve a ridurre il carico strutturale sull’aeromobile sollecitato dalle condizioni meteo avverse.

Alle 04:10:05, il computer stacca il pilota automatico e la manetta automatica (dati incongruenti dai sistemi di bordo), il pilota prende i comandi e cabra (muso verso l’alto). Contestualmente l’aereo rolla (si inclina) a destra, per cui il pilota da un input al joystick di virata a sinistra. L’allarme di stallo (che segnala che l’aereo sta per perdere portanza, o che l’ha gia’ persa) suona 2 volte. 10 secondi dopo, la velocita’ rilevata dal computer (e registrata nella scatola nera) cala bruscamente da 275 a 60 nodi (che sono assolutamente insufficienti a sostenere in volo un aereo come quello). L’angolo di attacco (l’angolo formato dalle ali e il piano dell’orizzonte flusso dell’aria) aumenta, e l’aereo inizia a salire.

Angolo di attacco (clicca per ingrandire)

NOTA: un velivolo stalla quando il flusso d’aria che passa sotto le ali non e’ piu’ sufficiente a generare portanza. Un aereo puo’ stallare per diversi motivi, ma i piu’ comuni sono due: velocita’ troppo bassa oppure angolo di attacco troppo alto. E’ importante sapere che piu’ aumenta la quota e piu’ l’aria e’ rarefatta (meno densa), quindi a 35.000 metri la velocita’ di crociera e quella di stallo non sono molto lontane fra loro. A bassa quota la velocita’ di stallo e’ decisamente inferiore, ma non e’ questo il caso.

Gli strumenti di sinistra riportano un aumento repentino della velocita’, a 215 nodi. Il pilota continua a tenere il muso puntato verso l’alto, finche’ alle 04:11:00 l’aeromobile raggiunge quota 38.000 piedi (si trovava a 35.000 piedi). Un metodo veloce per convertire i piedi in metri e’ quello di dividere i piedi per 3 e sottrarre ancora il 10% di cio’ che resta dal risultato. Quindi 38.000 piedi = (38.000/3) = 12.667 – 10% di 12.667 = 11.400 metri.

A quel punto l’angolo di attacco e’ di 16 gradi, e la manetta e’ sulla posizione TO/GA (Take Off/Go Around, quindi potenza massima!).

Alle 04:11:40 il comandante ritorna in cabina di pilotaggio, l’angolo di attacco ha raggiunto i 40 gradi (elevatissimo vista la quota) e il velivolo e’ ridisceso a 35.000 piedi (in stallo) con i motori che girano al 100%. Gli allarmi di stallo smettono di suonare, a causa dell’elevato angolo di attacco, situazione in cui alcuni dati non vengono considerati validi.

Dopo circa 20 secondi, il comandante riduce leggermente l’angolo di attacco, i dati tornano validi e l’allarme di stallo riprende a suonare. Da questo momento, e fine alla fine tragica del volo, l’angolo di attacco non scendera’ mai al di sotto dei 35 gradi, e durante gli ultimi minuti la manetta restera’ sulla posizione IDLE (no potenza), anche se i motori risultano perfettamente funzionanti e controllabili.

NOTA: la questione della manetta IDLE non mi e’ chiara, ed e’ in contraddizione con il resto dei dati contenuti nella scatola nera. Senza spinta negli ultimi minuti, le cose sarebbero andate diversamente e in modo decisamente piu’ disastroso (vedere anche dopo)!

La registrazione termina a 04:14:28. In quel momento la velocita’ dell’aereo e’ di 107 nodi, in discesa a 10.912 piedi al minuto (!!!) e, durante la discesa, il mezzo effettua una virata di oltre 180 gradi in direzione 270 (Sud). Il velivolo risulta in stallo per tutta la durata della discesa da 38.000 piedi (3 minuti e 30 secondi). Immaginate quindi un aereo che apparentemente procede in avanti, ha il muso sollevato verso  l’alto, ma in realta’ sta cadendo verso il basso, fino a che non si schianta di pancia sul mare in tempesta.

NOTA: difficile dire, vista la spinta dei motori e il muso verso l’alto, se i passeggeri abbiano provato una forte sensazione di caduta libera, ma purtroppo per loro devono essersi resi conto molto bene che qualcosa non stava andando per il verso giusto.

Conclusioni fino a questo punto: il volo A447 e’ precipitato in stallo da 38.000 piedi, i piloti hanno perso completamente il controllo e non sono riusciti a far nulla. Non si sa se la virata di 180 sia stato un effetto causato dall’uomo oppure dallo stallo stesso. Solo il fatto di aver tenuto un angolo di attacco elevato e di aver forzato i motori a lungo ha evitato che il velivolo puntasse da solo il muso verso il mare, avvitandosi su se stesso cadendo a 1.000 Km/h. Il che l’avrebbe distrutto in volo, oppure gli avrebbe fatto coprire i 38.000 piedi in molto meno di 3 minuti e mezzo!

Domanda: quando e’ suonato il primo allarme di stallo, con caduta repentina della velocita’ a 60 nodi, perche’ il secondo ha puntato il muso verso l’alto e ha messo la manetta al massimo? E’ procedura comune invece, per cercare di prevenire/recuperare uno stallo, puntare il muso immediatamente verso il basso e ridurre dopo poco la manetta (per evitare di superare la velocita’ massima strutturale). Una volta recuperata portanza, si puo’ livellare l’aeromobile e, eventualmente, riprendere quota se tutto funziona.

Imperizia, oppure dati sbagliati sui display? Ricordiamoci che di notte, nel temporale, a circa 10.000 metri di quota, i piloti non avevano alcun riferimento visivo, e in una situazione del genere si puo’ anche confondere l’alto con il basso, soprattutto se la spinta gravitazionale e quella centrifuga (stallo, motori al massimo, virate, ecc…) sono anomale e la percezione corporea e’ alterata. E’ tutto molto strano in effetti: se il dato di velocita’ riportato dal Tubo di Pitot era errato, allora vuol dire che l’aereo non aveva perso velocita’, quindi non rischiava di stallare. Si potrebbe pensare che il pilota abbia intuito il problema, non si sia fidato del display e abbia cercato di salire velocemente sperando di mettere la testa oltre il temporale. Ma perche’ salire con un’angolo di 40 gradi? Che fossero guasti anche l’orizzonte artificiale e il variometro (lo strumento che indica il rateo di salita in piedi al minuto)? Eppure il cockpit dell’A330, se non sbaglio, dispone pure di orizzonte artificiale e variometro analogici. Possibile che non funzionassero perfino questi, che non dipendono dai computer e non hanno nulla a che fare col Tubo di Pitot?

Ingrandisci e guarda il riquadro rosso

Sta di fatto che, molto probabilmente, e’ stata proprio la salita eccessivamente accentuata da 35.000 a 38.000 piedi a causare lo stallo, e che l’AF447 non stesse affatto per stallare quando gli allarmi si sono messi a suonare la prima volta.

Ulteriori informazioni quando le avremo. Per ora e’ tutto.

30 Maggio 2011 Posted by | Cose da ricordare, Cose tecniche, incidenti aerei | , , , , , | 21 commenti

A380 Qantas: scovato l’inghippo

Vi ricordate quell’A380 della Qantas costretto a un atterraggio di emergenza a causa di un incendio sviluppatosi in uno dei quattro motori Rolls Royce Trent 900?

RR Trent 900 (clicca per ingrandire)

Bene, e’ stato svelato l’arcano, e non e’ una cosa buona.

Infatti, in un comunicato stampa che risale al 12 Novembre, la RR dice di “aver identificato un componente difettoso nei pressi della turbina che ha causato una perdita d’olio e un conseguente incendio che ha anche portato al distacco del disco intermedio della turbina stessa”.

Oggi pero’ l’Australian Transport Safety Bureau (ATSB) e’ stata, a quanto pare, piu’ precisa. Affermando di aver emesso una raccomandazione che interessa potenzialmente alcuni Airbus A380. La raccomandazione si riferisce a un “possibile difetto di fabbricazione del connettore che unisce un tubo dell’olio a un elemento della turbina”. In particolare si tratterebbe di un “errato allineamento di un elemento di fissaggio di questo tubo (counter-boring) il quale, sottoposto a stress, potrebbe cedere, causando una perdita di olio e un incendio nel motore”. Esattamente cio’ che e’ accaduto all’A380 della Qantas.

In seguito a questa raccomandazione, tutti gli Airbus A380 in servizio dovranno essere controllati, il che causera’ ritardi ai piani di consegna dei nuovi velivoli.

La Airbus ha annunciato di voler citare la RR per i danni che deriveranno proprio dai suddetti ritardi.

Quindi siamo davanti a un vero e proprio caso di errore di progetto oppure di realizzazione. E’ incredibile pero’ che il livello di sofisticazione di queste macchine sia ormai tale che anche un misero componente, il cui unico scopo e’ quello di fissarne un altro, possa potenzialmente causare una catastrofe.

Seguendo questo link e’ possibile vedere il pezzo incriminato (grazie ad agogatti per la segnalazione).

Nota di servizio: il motore Trent 900 e’ stato sviluppato appositamente per l’A380, quindi il problema non riguarda altri aeromobili.

 

2 dicembre 2010 Posted by | incidenti aerei | , , , , , , , | 3 commenti

Paura su volo Meridiana

Il 21 Novembre, il volo IG223 (Milano Linate – Catania) della Meridiana ha subito un guasto che ha fatto passare dei gran brutti momenti ai passeggeri a bordo. Pare, infatti, che in seguito a un problema che ha interessato il sistema di pressurizzazione del McDonnell-Douglas MD-82 in questione, i piloti abbiano dovuto effettuare una picchiata di emergenza per poi atterrare in sicurezza all’aeroporto di Palermo.

Precisiamo una cosa. Qualsiasi aereomobile che voli al di sopra dei 3.500/4000 metri necessita di un sistema di pressurizzazione dell’aria all’interno della cabina. Questo perche’ oltre tale quota l’aria diviene molto rarefatta, a tal punto che qualsiasi essere vivente a bordo morirebbe asfissiato. Il sistema funziona cosi’: pesca l’aria fuori dall’aereo, la comprime attraverso apposite pompe, fino a portarla alla pressione equivalente a quella riscontrabile a circa 2.500 metri sul livello del mare, la raffredda e la invia in cabina. Perche’ la raffredda? Perche’ le pompe, mettendola in pressione, la riscaldano a circa 70 gradi centigradi, rendendola, di per se’, utile solo a cuocere la gente a bordo.

Quando accade che l’abitacolo di un aereo perde pressione, come in questo caso, succedono due cose. La prima e’ che si aprono immediatamente i vani delle maschere per l’ossigeno, e la seconda e’ che i piloti si attrezzano per portare rapidamente l’aereo a una quota inferiore, dove l’aria diviene di nuovo respirabile e quindi chi se ne importa se non c’e’ piu’ pressione. Il motivo per cui devono farlo in fretta e’ che la scorta di ossigeno per i passeggeri dura pochino.

Ecco spiegata, dunque, la rapida picchiata, che sicuramente manovra piacevole non e’ (diciamo che uno puo’ anche farsela addosso, anche perche’ non sa cosa stia per accadere), ma salva la vita a tutti, belli e brutti. Ecco spiegato anche il forte dolore alle orecchie accusato da alcuni passeggeri: una discesa cosi’ rapida porta a una compressione veloce del timpano (aumenta la pressione come quando, con le dovute proporzioni, si scende in auto giu’ per i tornanti di una montagna).

Ma il punto non e’ questo, ma piuttosto il fatto che incidenti del genere non avvengono cosi’ spesso, e possono essere potenzialmente molto pericolosi. Prima di tutto perche’ la perdita di pressione, se troppo repentina, puo’ causare danni strutturali all’aeromobile, che in casi critici puo’ anche spezzarsi in volo. E secondo di tutto perche’ la stessa picchiata, anche in condizioni di pressione nella norma, non e’ una manovra standard per un aereo passeggeri, la cui robustezza puo’ essere messa a dura prova.

Il velivolo in questione, poi, non e’ nemmeno un giovincello. Anzi! Qualcuno mi dira’ che gli aerei vengono manutenzionati, aggiornati, le parti vengono sostituite, ecc ecc… ma e’ anche vero che gli elementi di base restano gli stessi. Non ho mai sentito di manutenzioni che interessassero parti strutturali della carlinga o delle ali.

Una passeggera, la sig.ra Annarita D’Urso, che percorre spesso quella tratta, ha osservato che non si puo’, tutte le volte, fare a meno di notare “le cadenti condizioni in cui versano gli aeromobili di questa compagnia aerea, in molti casi vecchissimi”.

Tralasciando per un attimo l’aspetto cosmetico, che spesso e’ dovuto piu’ all’incuria del personale addetto al lavaggio e alle varie pulizie che ad altro, mi vorrei concentrare sull’eta’. Questo aereo, conosciuto meglio come MD-80, e meno meglio come Mad Dog (ma non perche’ sia un aereo pazzo, ma solo perche’ le iniziali di Mad Dog sono proprio la M e la D), e’ in effetti un nonnetto dei cieli. E se non un nonnetto, almeno e’ uno zietto, visto che e’ l’evoluzione diretta del mitico Douglas DC-9 (quello di Ustica per intenderci), il cui primo volo risale al lontano 1965. Il che equivale a dire che fu progettato con tecnologia del dopo-guerra.

E quelli di noi che lo conoscono e che c’hanno volato qualche volta, sanno quanto sia antiquato, un po’ in tutti i sensi. E’ lungo e stretto, quindi scomodo, e’ molto rumoroso e inquinante, le cappelliere tengono niente e i bagni sono delle bare. Perfino gli arredi interni evidenziano stile e funzionalita’ del secolo scorso, per non parlare della tecnologia e dell’avionica, che e’ ancora quasi del tutto analogica.

Non sono tante le compagnie aeree che utilizzano ancora questo aereo, almeno non in modo intenso, in termini di voli e frequenze. Due sono italiane: Alitalia e Meridiana, appunto.

Andando a guardare la media di eta’ delle due flotte, concentrandoci pero’ solo su questo modello, scopriamo un fatto interessante. Alitalia possiede 19 MD80/90 (nelle varie declinazioni), per una media d’eta’ di 18.4 anni, mentre Meridiana ne ha 17, con 21.1 anni medi sul groppone. In effetti, proprio in virtu’ del fatto che si tratta di un mezzo vecchio, non mi sembra che la prima flotta sia messa meglio della seconda. E c’e’ da dire che anche i Mad Dog di Alitalia, visti da vicino, non danno sempre l’impressione di essere perfettamente in ordine. Ma l’abbiamo appena detto: sono vecchi, e per quanto si possano rattoppare, vecchi restano. Si tratta probabilmente dell’aereo piu’ vecchio ancora in circolazione nelle flotte delle compagnie piu’ di spicco di tutto il Mondo, considerando ad esempio che ormai, almeno per il trasporto di passeggeri, sono spariti anche i McDonnell-Douglas MD-11 e i Boeing 737 e 747 di prima generazione.

Perfino se confrontiamo questi numeri con la compagnia che ancora impiega massicciamente questo aeromobile, cioe’ la American Airlines, non si notano discrepanze. Infatti, il colosso americano ne opera addirittura 236 (!) con un’eta’ media di 19.7 anni, quindi in linea con Alitalia e Meridiana. Si, alla fine risulta che la flotta Meridiana sia la piu’ vecchia, ma non in modo rilevante mi viene da dire.

C’e’ pero’ un elemento su cui ho riflettuto. Non prova e non dimostra nulla, ma mi e’ venuto cosi’. Da un controllo su un campione numeroso, ho notato che mentre i mezzi di Alitalia sono stati praticamente sempre nelle mani di Alitalia lungo tutto l’arco di utilizzo, quelli di Meridiana sono passati spesso di mano, anche sei o sette volte per aeromobile, e gestiti da un parco di aerolinee piuttosto variegato.

Tralasciando l’utilizzo da parte di Alisarda, perche’ si tratta sempre di Meridiana, ho trovato compagnie come Sabena (Belgio), National Airlines (USA), ma anche altre quali Aerocancun (Messico), Sunways (Turchia), Airtours (UK), Allegro Airlines (Messico), Aerolloyd (Germania), Far Eastern (Taiwan), Tanswede e Blue Scandinavia (Svezia), Luxor Air (Egitto), Air Efata (Indonesia) e via dicendo.

C’e’ di tutto. Compagnie medio grandi e conosciute, ma anche low cost piu’ o meno note, e perfino illustri sconosciuti, alcuni dei quali andati in fallimento. Chi garantisce la manutenzione effettuata da certi vettori, soprattutto quelli non europei oppure non americani? Ricordate, ad esempio, lo scandalo del mercato nero delle parti di ricambio di qualche anno fa?

Non voglio fare speculazioni, e tanto meno accusare nessuno, pero’ mi sono messo da solo una pulce nell’orecchio.

24 novembre 2010 Posted by | Cose da ricordare, incidenti aerei | , , , , , , , , , , | 4 commenti

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